Personaggi illustri di Affile

Rodolfo Graziani
(11.8.1882 - 11.1.1955)
di Giovanni Sozi

II Maresciallo d'Italia Rodolfo Graziani, figura tra le più amate e più criticate, a torto o a ragione, fu tra i maggiori protagonisti dei burrascosi eventi che caratterizzarono quasi mezzo secolo della storia italiana inclusa tra i due conflitti mondiali; interprete di avvenimenti complessi e di scelte spesso dolorose, Graziani seppe indirizzare ogni suo agire al bene per la Patria attraverso l'inflessibile rigore morale e la puntigliosa fedeltà al dovere di soldato che lo contraddistinsero dall'appartenere alla schiera degli ignobili o alla nutrita categoria dei tanti che perseguirono solo la logica dell'interesse personale.
Nato a Filettino (FR) l'11.08.1882 da padre medico affilano e da madre romana, trascorse l'infanzia ad Affile (RM), paese dei suoi avi paterni, per l'intero periodo scolare; indirizzato verso il sacerdozio, compì gli studi medi e ginnasiali nel seminario di Subiaco. Iscrittosi, poi, all'Istituto Statale Torquato Tasso di Roma per un biennio, prese il diploma di maturità classica al Liceo di Alatri nel 1902.
A causa delle ristrettezze economiche della famiglia, il giovane Rodolfo dovette entrare nel 1904 nel Regio Esercito come sottotenente e volle essere destinato nella Colonia Eritrea, nella quale ebbe la disavventura di prendere la malaria e di essere morso da un serpente velenoso.
Allo scoppio della Grande Guerra, fu richiamato in patria e spedito a combattere gli Austro-ungarici sull'Altopiano carsico col grado di Capitano. Ne uscì nel 1918 con l'aureola dell'eroe per speciali meriti di guerra e col grado di Colonnello, il più giovane colonnello dell'esercito italiano.
Nel 1921, dopo una pausa di ripensamento politico, Graziani accettò di essere inviato in Africa per la riconquista della Libia, cosa affatto semplice per l'organizzazione della guerriglia anti-italiana, per la vestita del territorio e per l'ostilità naturale della regione. Aiutato dalla conoscenza della lingua e dei costumi arabi, il colonnello Graziani introdusse tra i reparti italiani un tipo di lotta basata sulla rapidità dell'azione e sulla velocità negli spostamenti; con questa tattica simile a quella adottata dai beduini, riuscì a riconquistare prima la pianura e quindi l'altopiano tripolitano. Come Generale di Brigata si impadronì infine della Sirtica e del Fezzan, stroncando soprattutto ogni connivenza dei rivoltosi con le popolazioni beduine nomadi.
Nominato Vice-Governatore della Cirenaica, eseguendo con mano anche troppo ferma le direttive impartitegli dall'alto, Graziani nel 1934 potè consegnare al nuovo Governatore Italo Balbo tutta la Colonia Libica completamente pacificata.
Richiamato in patria, ottenne il comando del Corpo d'Armata di Udine, lasciato quasi subito per lo scoppio della guerra contro l'Etiopia: in questa nuova fase Graziani, nominato Governatore e Comandante delle truppe in Somalia, ebbe il compito di dirigere l'offensiva dal fronte sud contro l'Etiopia, cosa che risultò efficacissima e indispensabile alla conquista abissina grazie alla rapidità di manovra delle sue truppe velocizzate dai mezzi di trasporto acquistati per l'occasione dagli USA. Così, il 9 maggio 1936 veniva proclamata l'annessione dell'Etiopia e la creazione dell'Impero; Graziani fu nominato Viceré dopo il brevissimo periodo d'intervallo da parte di Badoglio che, dopo l'entrata trionfale in Addis-Abeba, se ne defilava bellamente da conquistatore e lasciava la gatta da pelare della reale presa di possesso dell'immenso territorio a Graziani, anche Maresciallo d'Italia. Egli con la solita risoluzione, diffuse capillarmente il dominio politico-militare sulle varie province, compì grandiosi lavori pubblici che ancor oggi testimoniano la volontà civilizzante dell'Italia e rimase a dirigere quella regione anche quando fu fatto segno di un attentato da parte di un gruppo di "Giovani Etiopici" nel febbraio 1937 durante i festeggiamenti per la nascita del Principe di Napoli. Nel mese di dicembre di quell'anno, venne sostituito nell'incarico dal Duca Amedeo d'Aosta e, rimpatriato, rimase a disposizione del Governo, anche a causa di invidie e gelosie dovute alla sua acquisita grande popolarità.
In seguito allo scoppio della seconda guerra mondiale, Graziani venne ripescato dall'oblio e creato Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, nella cui carica si rese conto delle tante manchevolezze logistiche che limitavano sia l'Esercito, sia l'Aviazione scarsa e invecchiata, sia la Marina priva di indispensabili basi attrezzate. Graziani, con grave imbarazzo, volle comunicare ripetutamente la deplorevole situazione al Duce, sconsigliandogli qualsiasi impegno bellico prima di aver risanato la situazione, degenerata fino a questo punto per colpa del Capo di Stato Maggiore Generale Maresciallo Badoglio e della enfatica politica bellica dello stesso Capo del Governo.
La cocciuta cecità del Duce condusse l'Italia alla guerra a fianco della Germania che stava impadronendosi dell'intera Europa. La morte accidentale di Italo Balbo a Tobruch deliberò la nuova nomina di Graziani a Governatore-Comandante delle truppe in Libia con l'ordine perentorio di invadere l'Egitto, caposaldo inglese del Mediterraneo Orientale e chiave per i commerci attraverso il canale di Suez. Inutili furono i reiterati ammonimenti di Graziani al Duce: l'esercito italiano non era altro che un "enorme gregge" di uomini male armati e condannati ad una istantanea disfatta se assaltati dalle truppe inglesi carrozzate e ben armate, anche se di numero inferiore.
Mussolini, però, fu irremovibile dal suo proposito e il 25 agosto 1940 ordinò perentoriamente l'avanzata contro l'Egitto, cosa che Graziani dovette fare molto contro voglia. I primi risultati favorevoli ottenuti dagli Italiani, furono oltre tutto, vanificati dalla dispersione delle forze impegnate sul nuovo fronte greco, per cui i blindati inglesi ebbero facile ragione delle nostre truppe appiedate e armate del solo fucile 91/38. Così, non solo vennero perduti i pochi chilometri di territorio egiziano occupato ma i combattenti italiani furono costretti a tragiche rese e alla disonorevole cessione dell'intera Cirenaica. Nonostante il defenestramento di Graziani dell'11 febbraio 1941 e l'arrivo di Rommel, le cose in Africa non cambiarono in meglio.
Ritiratosi nella sua tenuta degli Altipiani di Arcinazzo sotto accusa di tradimento e della colpevole disfatta libica, inoperosamente Graziani dovette limitarsi ad ascoltare per radio gli insuccessi italiani su tutti i fronti, come da lui previsto, la notizia della fine del Governo fascista e anche l'insediamento del nuovo, affidato maldestramente dal Re a Badoglio. Poi vi fu l'8 settembre 1943. Ormai l'Italia era nello sfascio più completo, con buona parte del territorio nelle mani dei tedeschi o degli occupanti alleati e in piena lotta civile. E nuovamente Graziani venne ripescato dal Duce e dall'alleato tedesco per far parte del nuovo governo della RSI in qualità di Ministro della Difesa. Furono mesi di inutile opposizione alla strapotenza alleata, di triste atteggiamento di rivalsa contro molte prepotenze tedesche verso l'Italia e verso gli Italiani nonché della resa dei conti per una capitolazione anonima avvenuta il 29 aprile 1945 presso il comando del IV Corpo d'Armata americano.
Trasferito ad Algeri presso il Campo P.O.W 211 come prigioniero di guerra, vi rimase fino al 16 febbraio 1946 quando venne internato a Precida. Solo nell'agosto 1950, Graziani fu dimesso dal carcere per decorso periodo di condanna a 19 anni di reclusione, dei quali 13 e mesi 8 condonati.
Ormai annientato nel corpo ma non nello spirito, si ritirò nella sua amata Affile, a casa sua, presso le due sorelle Lidia e Lavinia. Dopo una breve riapparizione politica nella carica di Presidente Onorario del M.S.I., si spense a Roma l'11 gennaio 1955, all'età di 73 anni. Le sue spoglie mortali, trasportate ad Affile tra un'immensa folla di gente, riposano nella tomba del cimitero vecchio, assieme ai suoi familiari, forse troppo dimenticato, come dimenticato fu durante la vita nonostante l'esistenza intera spesa per il bene e la grandezza della Patria.

"Addio, Maresciallo!"
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